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E' nulla la clausola del contratto di mutuo che non indica il regime finanziario degli interessi ?

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    Servizi legali integrati per l'impresa
  • 28 set 2023
  • Tempo di lettura: 16 min

Aggiornamento: 30 nov 2023

(Avv. Giovanni Pizzigoni)

I - Capita di leggere atti di citazione in cui l'attore sostieneo che il meccanismo di calcolo degli interessi relativi al mutuo ipotecario stipulato con banca sarebbe opaco, in quanto nel contratto non viene specificato quale sia il regime finanziario degli interessi, se cioè sia quello semplice o quello composto.

Ne conseguirebbe la nullità della clausola di indicizzazione per indeterminatezza e/o indeterminabilità ex art. 1346 c.c. e /o per difetto di espressa e corretta pattuizione scritta ex art. 117 comma 4 TUB e la necessità di rideterminare gli interessi dovuti ex art. 117, comma 7, TUB.

La pretesa va ritenuta priva di fondamento.

L’art. 117 del TUB dispone che i contratti bancari debbano contenere a pena di nullità, per quanto qui interessa, il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora”. Il tasso di interesse applicato è evidenziato nella clausola n. 2 del contratto di mutuo, nella quale è indicato chiaramente anche l’I.S.C. / TAEG. Nel contratto stipulato inter partes sono pertanto contenuti tutti i requisiti del finanziamento prescritti dalla legge, altre indicazioni non dovevano essere fornite ([1]), in particolare quella relativa al regime finanziario degli interessi, richiedendo la legge solamente che sia indicato il loro tasso.

La giurisprudenza ha del resto già deciso e respinto più volte eccezioni analoghe in cui si era sostenuta l’incertezza del tasso ultralegale nel caso di mutuo con ammortamento alla francese per violazione degli art. 1284 o 1346 c.c. e dell’art. 117, comma 4, TUB: ([2]), precisando che “Il piano di ammortamento a rate costanti (e cioè ‘alla francese’) non importa, infatti, né indeterminatezza del tasso né automatica e surrettizia capitalizzazione di interessi e non è perciò tout court in contrasto con il divieto di anatocismo né con i doveri di trasparenza” ([3]). E’ eloquente in particolare una recente sentenza del Tribunale di Torino che, dopo aver riassunto lo stato della giurisprudenza in subiecta materia, ha respinto impeccabilmente un’azione speculare a quella introdotta da RN, in cui l’attore contestava la “violazione degli artt. 1283, 1284, 1346, 1418, 1195 e 821 comma 3 Codice Civile e degli artt. 117 e 120 TUB e per difetto della forma scritta e la illegittimità dei piani di ammortamento, stante la omessa specificazione del regime di calcolo dell’interesse, l’applicazione surrettizia, illegittima, non pattuita della capitalizzazione composta e la mancanza di pattuizione sul tasso e sul prezzo” ([4]).

Ciò senza contare che la giurisprudenza ha anche chiarito che il regime finanziario che le banche utilizzano nel calcolo degli interessi nel caso di mutuo con ammortamento alla francese non è affatto duplice, come sostiene l’attore.

In realtà, ciò che ha creato contrasto e un annoso dibattito ormai peraltro risolto non è la duplicità del regime finanziario applicabile, che non è ancipite ma univoco dato che la prassi bancaria – come è noto - nell’ammortamento alla francese a rate costanti utilizza da sempre il classico criterio di calcolo “standard”, nel quale le singole quote interessi sono calcolate sui corrispondenti debiti residui precedenti: è cioè il tipico ammortamento progressivo, trattandosi poi di stabilire se tale sistema importi o meno un effetto anatocistico e quindi un incremento del TAN.

Quello che è passato al vaglio della giurisprudenza è stato quindi lunico schema di ammortamento alla francese utilizzato uniformemente nella prassi bancaria, essendosi indagato se esso comporti o meno la capitalizzazione semplice o composta degli interessi.La giurisprudenza è ormai consolidata nel ritenere che si tratti di un sistema di capitalizzazione semplice ([5]).

Ma quand’anche si volesse seguire l’indirizzo minoritario che ritiene si tratti di un sistema di capitalizzazione composta, sotto il profilo che qui interessa nulla muterebbe perché nel corso del tempo la giurisprudenza ha chiarito che in ogni caso tale formula di matematica finanziaria non genera anatocismo né incide sul TAN indicato nel contratto, per cui non viola l’obbligo di trasparenza né quello di determinatezza nell’indicazione del tasso di interesse ([6]), quindi nel caso concreto:

- non c’è in ogni caso un’ambivalenza nel regime finanziario applicabile all’ammortamento alla francese, trattandosi di un unico regime, quello standard, per cui nessun supplemento di informazione era dovuto da parte di BCCBO;

- le stesse decisioni che parlano di capitalizzazione composta escludono l’effetto anatocistico, per cui l’importo degli interessi dovuti, e quindi il TAN, non ne avrebbe in ogni caso risentito dato che non c’è alcuna capitalizzazione (in senso giuridico) degli interessi e in tal senso si è espresso in diversi precedenti lo stesso Tribunale adito ([7]).

Sotto nessuno dei profili dedotti pertanto la censura affacciata dall’attore presenta alcun fondamento.

Un’ultima puntualizzazione con riferimento alle sentenze allegate dall’attore per evidenziare che o sono espressione di un orientamento recessivo ([8]) o sono palesemente inconferenti ([9]).

La prima domanda dovrà essere pertanto respinta.

II - Unitamente a tale domanda si trova frequentemente un’ulteriore domanda con cui l’attore sostiene che la clausola n. 2 del contratto di mutuo prevede un tasso variabile parametrato all’Euribor più uno spread con un livello minimo despresso in percentuale, c.d. clausola floor.

La clausola in parte qua sarebbe nulla per difetto di trasparenza e contrarietà all’art. 33 del D. Lgs. n. 206/2005 c.d Codice del consumo in quanto determinerebbe un significativo squilibrio tra banca (professionista) e consumatore.

Esaminiamo i due profili in cui si articola la censura svolta dall’attore.

Quanto al primo, è agevole evidenziare anzitutto che la presunta assenza di trasparenza non integra nessuna delle ipotesi di vessatorietà previste dall’art. 33, comma 2, lett. a-v) del CC.

Per la verità non è neppure comprensibile il senso di simili eccezioni dato che il significato e la portata della clausola floor sono evidenti ex se, per cui non si comprende quale altro tipo di informazione la Banca debba fornire al cliente in ordine al tasso floor.

In realtà la clausola floor è passata al vaglio della giurisprudenza sotto altri aspetti, tra cui quello dell’individuazione del tasso minimo nel caso in cui vi fosse “un deficit di chiarezza e comprensibilità nella formulazione della stessa” e per la violazione semmai dell’art. 34, comma 2, del CC, profilo peraltro non dedotto in giudizio dallo stesso attore ([10]).

Ma la giurisprudenza ha escluso che la clausola floor possa considerarsi poco trasparente anche nel caso in cui il tasso di interesse sia determinabile per relationem ([11]).

Infine, la giurisprudenza ha ritenuto esente da qualsiasi possibile censura tale genere di clausole anche sotto il profilo della determinatezza dell’oggetto del contratto, neppure questo peraltro contestato dall’attore: “La previsione di una clausola c.d. 'floor', in virtù della quale il tasso di interesse dovuto dal cliente non può scendere al di sotto di una determinata percentuale ben definita nel suo ammontare, non può considerarsi di per sé illegittima, in quanto risponde alla necessità dell'istituto mutuante di assicurarsi un livello minimo di redditività del finanziamento, non sacrificando le esigenze di certezza e determinatezza del contenuto del contratto, in quanto il soggetto finanziato è a conoscenza, fin dall'atto della stipula, che il tasso di interesse passivo non potrà diminuire sotto una certa soglia. Si tratta, pertanto, di una pattuizione che non arreca alcun vulnus alla determinatezza degli interessi pattuiti nel contratto contribuendo, al contrario, a rafforzare le esigenze di certezza del tasso pattuito([12]).

Per quanto riguarda poi il secondo profilo in cui si scompone la censura, nella maggior parte dei casi non risulta chiaro di quale squilibrio l’attore parli: la citazione del Codice del consumo lascerebbe intendere che si dovrebbe trattare di quello previsto dall’art. 33, comma 1, CC, quindi il c.d. squilibrio giuridico o normativo, non quello economico, delle prestazioni che non è sindacabile ([13]), ma la comparazione tra il tasso principale e quello floor fa pensare che nella maggior parte dei casi si tenti di contestare uno squilibrio economico.

La giurisprudenza ha comunque respinto anche la tesi che la clausola floor possa determinare uno squilibrio dei diritti e delle obbligazioni dei contraenti e sia quindi invalida ai sensi dell’art. 33, comma 1, CC mancando in thesi la possibilità che tale tipo di clausola possa generare un’asimmetria del sinallagma contrattuale a favore della banca: “Quanto alla denuncia dello squilibrio contrattuale, trattasi di affermazione infondata: l’ordinamento non prescrive infatti che i contratti di mutuo prevedano oltre alle soglie minime del tasso corrispondenti soglie massime” ([14]).

Ha chiarito anche che la pattuizione di un tasso minimo di interesse attiene strettamente all’oggetto del contratto (costituendo una delle prestazioni a carico del mutuatario) e, ove sia formulata in modo trasparente, è sottratta ad una possibile censura di vessatorietà dallo stesso art. 34, comma 2, CC - che come noto, prescrive che la vessatorietà non può riferirsi “alla determinazione dell’oggetto del contratto né all’adeguatezza del corrispettivo dei beni o dei servizi” - giudicando che “in tema di mutuo, le clausole floor, sono pienamente valide ed efficaci, anche nei contratti con i consumatori, purché pattuite in modo chiaro e comprensibile. Infatti, tali clausole rilevano sotto il profilo dell’equilibrio economico del contratto, che non è sindacabile dal giudice, nemmeno ai sensi della normativa a tutela dei consumatori” ([15]) nonché “la pattuizione di un tasso floor deve ritenersi valida, non vedendosi alcun contrasto con norme imperative …La clausola resta legata da un nesso di stretta inerenza rispetto allo svolgimento del rapporto contrattuale e al suo stesso oggetto (onerosa messa a disposizione di denaro)”([16]).

Sempre sotto il profilo dell’equilibrio, seppur economico, del contratto (e quindi insindacabile - come detto - sotto il profilo della vessatorietà) si è infine precisato che la clausola floor non debba essere controbilanciata da una corrispondente clausola cap:Non può affermarsi che esista nel nostro ordinamento un obbligo in capo agli istituti di credito di compensare obbligatoriamente una clausola floor con una clausola cap, né viceversa, di compensare una clausola cap con una di segno opposto di tipo floor. Una clausola “floor” ove pure non adeguatamente compensata da una clausola “cap” non può pertanto dirsi nulla o comunque inefficace perché non v’è ragione di considerarla viziata da profili di illegittimità” ([17]).

Per cui la clausola floor non può in ogni caso essere ritenuta invalida (segue).

*****

[1] Contrariamente a quanto sostiene l’attore, tra l’altro, all’atto della stipulazione del mutuo BANCA aveva consegnato al cliente anche il piano di ammortamento. La mancata consegna in ogni caso non inciderebbe sulla validità della clausola relativa agli interessi: Tribunale Vicenza sez. I, 08/06/2022, n. 998 in Redazione Giuffrè 2022: “L'omessa allegazione del piano di ammortamento iniziale applicato al contratto di mutuo non costituisce violazione dell'art. 117 t.u.b., posto che il contratto rimane valido ed efficace a prescindere dalla predisposizione del piano di ammortamento, né risulta inficiata la sussistenza dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità delle somme indicate”. [2]Tribunale di Chieti, 3.10.2017 n. 587 in www.expartecreditoris: “Va altresì escluso che l’adozione di un piano di ammortamento c.d. alla francese possa comportare, di per sé, un’assoluta incertezza del tasso ultralegale stabilito nel contrato, in violazione dell’art. 1284 c.c. Tale ipotesi si può verificare solo se le parti nel contratto non abbiano chiaramente precisato (anche con rinvio a fonti extracontrattuali specifiche e oggettive) le modalità per determinare - in caso di tasso variabile – in modo certo e univoco l’entità del tasso da applicare per ciascuna rata in scadenza. Nel caso in cui ciò avvenga non potrà aversi alcuna indeterminatezza del tasso ultralegale pattuito e, conseguentemente, non potrà trovare applicazione la norma sostitutiva e integrativa di cui all’art. 1284, III comma, c.c.” (doc. n.2). Trib. Lecce 29.6.2020 n. 1510 cit. Cfr. anche Tribunale di Larino, 18 gennaio 2016 in www.expartecreditoris.it: “Neppure può condividersi l'orientamento, pur sostenuto da alcune pronunce di merito, che l'adozione di un piano di ammortamento "alla francese" comporti di per sé un'assoluta incertezza sull'entità del tasso ultralegale stabilito nel contratto, con conseguente necessità di ricalcolare il piano di ammortamento mediante applicazione del tasso legale, ai sensi dell'art. 1284, co. 3 c.c. Nel caso, invece, in cui nel contratto le modalità di determinazione del tasso siano state precisamente indicate, in tal modo consentendo al mutuante di verificare la concreta entità della quota interessi applicata alla singola rata, nessuna indeterminatezza del tasso ultralegale stabilito per iscritto potrà ritenersi sussistente” e “non può farsi, luogo, in conclusione, alla rideterminazione del tasso con applicazione di quello legale”. Idem Trib. Modena, 11.11.2014 n. 2040 www.expartecreditoris.it. “ Va altresì escluso che l’adozione di un piano di ammortamento c.d. alla francese possa comportare, di per sé, un’assoluta incertezza del tasso ultralegale stabilito nel contrato, in violazione dell’art. 1284 c.c. Tale ipotesi si può verificare solo se le parti nel contratto non abbiano chiaramente precisato (anche con rinvio a fonti extracontrattuali specifiche e oggettive) le modalità per determinare - in caso di tasso variabile – in modo certo e univoco l’entità del tasso da applicare per ciascuna rata in scadenza. Nel caso in cui ciò avvenga non potrà aversi alcuna indeterminatezza del tasso ultralegale pattuito e, conseguentemente, non potrà trovare applicazione la norma sostitutiva e integrativa di cui all’art. 1284, III comma, c.c.”. [3]Corte App. Brescia, n. 1597 del 6.11.2019, in www.expartecreditoris.com. Cfr anche Tribunale Roma, 14.3.2019 n. 5583: “Nel sistema di ammortamento alla francese gli interessi vengono calcolati sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a ciascuna rata. Detto piano di ammortamento non comporta, quindi, né un’indeterminatezza del tasso di interesse, né un’illecita capitalizzazione composta degli interessi, ma soltanto una diversa costruzione delle rate costanti in cui la quota degli interessi e quella di capitale variano al solo fine di privilegiare nel tempo la restituzione degli interessi rispetto al capitale, in ossequio al principio previsto dall’art. 1194 c.c.” e Corte App. Torino n. 544 del 21.5.2020 in www.iusletter.com: “Gli interessi corrispettivi sono conosciuti o conoscibili ex ante sulla base degli elementi contenuti nel contratto e non sono esposti a una crescita indefinita, poiché la loro produzione cessa alla scadenza del periodo di ammortamento. Questo rende il debito per interessi perfettamente determinato, salva l’eventuale variabilità del parametro.” Corte appello Venezia sez. II, 25/11/2021, n. 2955 in De Jure: “In tema di contratto di mutuo, il metodo "alla francese" comporta che gli interessi vengano comunque calcolati unicamente sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata e non anche sugli interessi pregressi. In altri termini, nel sistema progressivo ciascuna rata comporta la liquidazione ed il pagamento di tutti e unicamente degli interessi dovuti per il periodo cui la rata stessa si riferisce. Tale importo viene quindi integralmente pagato con la rata, laddove la residua quota di essa va ad estinguere il capitale. Ciò non comporta tuttavia capitalizzazione degli interessi, atteso che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario detratto l'importo già pagato con la rata o le rate precedenti. In tale prospettiva, l'applicazione dell'interesse composto non provoca comunque alcun fenomeno anatocistico nel conteggio degli interessi contenuti in ogni singola rata”. [4] Trib. Torino 18.2.2022. [5] Cfr. Fiorucci, Anatocismo, Usura e TAEG/ISC nei Mutui Bancari, Altalex Editore, “Il predetto indirizzo - anatocismo nella determinazione della quota interesse della rata del mutuo ad ammortamento francese - risulta contraddetto e superato dalla pressoché monolitica giurisprudenza di merito, che ha motivatamente escluso qualsiasi profilo di illegittimità del sistema di ammortamento alla francese, in linea, peraltro, con quanto reiteratamente ribadito anche dall’Arbitro Bancario Finanziario in sede di risoluzione stragiudiziale delle relative controversie, secondo cui tale metodo di ammortamento è legittimo se gli interessi (computati mese per mese) vengono calcolati solo sul capitale residuo del mutuo al periodo precedente”. Cfr. anche Rutigliano e Faccincani, Brevi note per riconoscere, “si spera definitivamente” l’assenza di anatocismo nel mutuo con piano di ammortamento “alla francese”, in Banche e banchieri, 2017, p. 333. In giurisprudenza, solo per citare le più recenti: Tribunale Pisa, 30/01/2020, n.112 in De Jure : “E' pienamente legittima la pratica del piano di ammortamento alla francese, non individuandosi in esso alcuna ipotesi di anatocismo, posto che pacificamente in tal caso l'interesse sul capitale residuo è calcolato secondo il metodo dell'interesse semplice e non composto” . Nello stesso senso Trib. Pavia 25.1.2017, in De Jure: “Va infine sostenuta la piena legittimità del piano di ammortamento c.d. alla francese, non individuandosi in esso alcuna ipotesi di anatocismo (cfr. sul punto sentenza Trib. Milano 5 maggio 2014, d.ssa Cosentini); in particolare, premesso che la misura di riduzione del capitale è rimessa all'autonomia negoziale e che la minor riduzione rispetto ad un piano di ammortamento c.d. all'italiana non può trasformare il (maggior) capitale residuo in interessi, va escluso che si possa parlare di “interessi su interessi e va, di conseguenza esclusa ogni configurabilità del fenomeno anatocistico, tenuto conto che, pacificamente, l'interesse sul capitale residuo è calcolato secondo il metodo dell'interesse semplice”. Tribunale Vasto, 03/10/2019, n. 293, in De Jure: ”In altri termini, l'interesse applicato è un interesse semplice, in quanto la quota di ogni singola rata è calcolata solo sulla quota di capitale residuo e non anche sulla stessa aumentata della quota interessi”. Cfr. anche Tribunale Pordenone, 24.4.2020 n. 222, Tribunale Trapani, 9.9.2020, n. 593, Corte Appello Torino, 21.1.2019, n. 121, Tribunale Roma, 14.1.2019 n. 909, Tribunale Chieti, 4.11.2019 n. 692, tutte in De Jure. [6] Trib. Bergamo 25.02.2016 e 25.07.2017, in www.altalex.com. Cfr. anche Tribunale di Torino del 18.2.2022 cit., Tribunale Lucca, 18.2.2017 n. 407: “Ove le parti hanno concordato che il rimborso avvenga con il metodo alla francese, l'anatocismo non è presente in tale sistema d'ammortamento (o a rata costante) poiché quand'anche fosse vero che la formula di matematica finanziaria in base alla quale si determina la rata di rimborso è fondata sull'interesse composto, certo sarebbe che ciò è funzionale unicamente a determinare la rata di rimborso periodica, costituita dalla quota di capitale più la quota interessi calcolata unicamente sulla quota capitale, e non provoca alcun effetto anatocistico”. . Cfr. anche Cass. n. 9237 del 20.5.2020 e Corte App. Torino n. 544 del 21.5.2020 cit.: “In altri termini, nel sistema progressivo ciascuna rata comporta la liquidazione ed il pagamento di tutti (ed unicamente de) gli interessi dovuti per il periodo cui la rata stessa si riferisce. Tale importo viene quindi integralmente pagato con la rata, laddove la residua quota di essa va ad estinguere il capitale. Ciò non comporta tuttavia capitalizzazione degli interessi, atteso che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario detratto l’importo già pagato con la rata o le rate precedenti. In tale prospettiva, l’applicazione dell’interesse composto non provoca comunque alcun fenomeno anatocistico nel conteggio degli interessi contenuti in ogni singola rata”. Idem, Tribunale Cosenza, 9.3.2022, nonché Tribunale Trapani, 24.1.2022 n. 82, Tribunale L’Aquila, 16.6.2021 n. 423, Tribunale Lecce, 29.6.2020 n.1510, Tribunale Trani, 3.6.2020 n. 880, Tribunale Roma, 5.5.2020 n. 6897, Tribunale Roma, 29.4.2020 n. 6719, Tribunale Mantova, 8.4.2019 n. 269, Tribunale Roma, 7.11.2018 n. 21474, Tribunale Milano, 30.1.2018 n. 957, Tribunale Chieti, 9.1.2018 n. 4, Tribunale Modena, 11.11.2014 n. 2040, Trib. Siena, 17 luglio 2014, tutte in www.expartecreditoris.it. In dottrina, AA.VV., Contratti Bancari a cura di Ernesto Capobianco, Milano, 2021, p. 720. Trib. Modena 11.11.2014, in www.ilcaso.it; Trib. Torino 17.09.2014, in www.dirittobancario.it; Trib. Lecce 18.08.2014, in www.expartecreditoris.it; Trib. Siena 17.07.2014, in www.expartecreditoris.it; Trib. Foggia 22.05.2014, inedita; Trib. Milano 05.05.2014, in www.expartecreditoris.it; Trib. Pescara 10.04.2014, in www.expartecreditoris.it; Trib. Mantova 11.03.2014, in www.ilcaso.it; Trib. Venezia 27.11.2014, in www.ilcaso.it; Trib. Treviso 12.01.2015, in www.ilcaso.it; Trib. Lecce 14.12.2015; Trib. Padova 16.01.2016, 9.03.2016, 29.05.2016; Trib. Milano 08.03.2016 e 28.04.2016; Trib. Milano 25.20.2016, 08.3.2016 e 28.04.2016;; Trib. Bologna 24.02.2016; Trib. Napoli 20.06.2016; Trib. Lecce 20.07.2016; Trib. Verona 24.11.2016; Trib. Roma 20.4.2015, 16.6.2016, 23.11.2016, 1.02.2017; Trib. Palermo 31.1.2017; Trib. Pisa 21.4.2017; Trib. Asti 07.03.2017; Trib. Savona 02.05.2017: di per sé, il metodo di ammortamento alla francese non è sinonimo di anatocismo; Trib. Brescia 13.06.2017; Trib. Avellino 31.07.2017; Trib. Milano 28.07.2017 e 9.11.2017; Trib. Bergamo 08.09.2017; Trib. Sulmona 20.70.2017; Trib. Lecce 14.06.2017; Trib. Velletri 07.11.2017; Trib. Monza 29.03.201; Trib. Civitavecchia 28.06.2017; Trib. Brescia 27.09.2017; Trib. Santa Maria Capua Vetere 27.03.2017; Trib. Velletri 08.11.2017; Trib. Modena 29.09.2017; Trib. Brescia 13.06.2017; Trib. Pavia 31.10.2017; Trib. Sondrio 02.11.2017; Trib. Pescara 18.10.2017; Trib. Milano 26.10.2017; App. Milano 17.04.2018; Trib. Chieti 09.01.2018; Trib. Monza 27.03.2018; Trib. Modena 13.03.2018; Trib. Lucca 24.04.2018; App. Bologna 13.04.2018: l’ammortamento cd. “alla francese” non incorre nella violazione del disposto dell’art.1283 c.c., o interesse composto, consistente nella produzione degli interessi sugli interessi scaduti; Trib. Napoli Nord 26.04.2018; Trib. Santa Maria Capua Vetere 21.05.2018; Trib. Catania 11.07.2018: tutte in www.ilcaso.it, www.expartecreditoris, www.dirittobancario.it, Pluris Banca Dati. [ Trib. Bergamo 25.02.2016 e 25.07.2017 cit., in www.altalex.com. [8]Trib. Cremona 28.3.2019 - GOT Corini - che riflette un’isolata posizione teorica notoriamente sostenuta da tale dott. Marcelli e ampiamente diffusa sul web dai siti dei consumatori - che contraddice persino le conclusioni del Ctu su aspetti squisitamente matematici affermando che, nonostante l’ammortamento alla francese non produca capitalizzazione di interessi, il regime finanziario utilizzato in tale tipo di ammortamento porterebbe ad un aumento dell’importo degli interessi. [9]Trib. Roma n. 11599/2019 attiene all’assenza dell’indicazione del tasso di interesse applicato dall’istituto di credito che nel caso di specie è invece presente; Trib Campobasso n. 158/2020 in cui appare abbastanza evidente l’erroneità di alcune premesse, quale quella che il regime finanziario dell’ammortamento sia qualcosa di diverso dal calcolo degli interessi e che l’ammortamento alla francese possa essere eseguito in regime di capitalizzazione semplice o composta; Trib. Lucca n. 476/2000 che riguarda un mutuo fondiario e aspetti del tutto estranei alla fattispecie dedotta nel presente giudizio; Trib. Napoli n. 4102/2020, anche questa inconferente dato che riguarda un contratto di leasing in cui era stato pattuito espressamente che l’interesse applicato era semplice e non composto; Corte App. Bari n. 1890/2020, dato che nel giudizio deciso era stata accertata una discrepanza tra T.A.E. e T.A.N. che qui non è stata in alcun modo dimostrata ma solo genericamente allegata; Trib. Roma 2188/2021, che si esprime in termini solo ipotetici circa la possibilità della violazione dell’art. 117 TUB ed è chiaramente inconferente dato che ha riscontrato l’esistenza di un tasso usurario e non riguarda quindi le diverse censure dedotte nel presente giudizio dall’attore; Corte App. Bari n. 1890/2020 che riguarda l’accertamento dell’usurarietà del tasso di interesse applicato; Trib. Viterbo n. 733/2021, che riguarda un caso in cui mancava il piano di ammortamento e nel contratto non erano specificati “i criteri determinativi del tasso di interesse effettivo attinenti al regime finanziario ed ai tempi di riscossione degli interessi”; Trib. Vicenza n. 2205/2016, che prende le mosse dal presupposto, erroneo, che il regime di capitalizzazione composta produca anatocismo e quindi un incremento del TAN. [10] AA.VV., Contratti Bancari a cura di Ernesto Capobianco, Milano, 2021, p. 652. [11] Tribunale Modena n. 1552 del 19 settembre 2018: “Con riferimento al tasso minimo (clausola cosiddetta floor contenuta nel contratto di mutuo, deve ritenersi osservato il requisito della determinatezza, laddove si consideri la collocazione di tale previsione contrattuale, ossia in calce all’analitica determinazione del tasso nominale annuo, sicché anche tale tasso minimo non potrà che essere calcolato sulla base dei medesimi parametri indicati”. Nello stesso senso: Trib. Mantova, II, 30/01/2017, n. 95, Tribunale di Lanciano, n. 402 del 17.10.2017, Tribunale di Avellino, 6.07.2016, Tribunale Ferrara, 16.12.2015 n. 1131, tutte in www.expartecreditoris.it. [12] Tribunale Rimini sez. I, 16/06/2022, n. 579. In termini anche Tribunale Ravenna sez. I, 30/12/2020, n. 988: “La clausola floor costituisce una tecnica di determinazione convenzionale del tasso di interesse, inserita in un contratto di mutuo, la cui causa rimane il trasferimento di una somma di denaro e la sua remunerazione. La pattuizione sul tasso di interesse attraverso la clausola floor è dunque finalizzata a proteggere l'intermediario da una discesa dei tassi, con la sola finalità di garantire alla banca una remuneratività ritenuta 'minima' al finanziamento concesso, quale prezzo del proprio servizio. Ciò detto, l'inserimento all'interno di un contratto di mutuo di una clausola floor, con la quale viene introdotto un limite percentuale al di sotto del quale gli interessi dovuti non possono scendere, non comporta alcuna violazione dell'art. 1346 c.c., e che l'oggetto del contratto rimane pertanto possibile, lecito e determinato. Idem Corte d’Appello L’Aquila 17.05.2021 n. 738, Tribunale Chieti 3.10.2017 n. 587. [13] Cass., sez. VI, 25.11.2021 n. 36740. [14] Trib. Ferrara, n. 1131 del 16.12.2015. [15] Tribunale Modena n. 1552 del 19.9.2018. Cfr. anche Tribunale di Bologna (sent. n. 20222 del 6/3/2018) “In ogni caso, anche se così non fosse, la nostra giurisprudenza ha da tempo negato che, nei contratti rogati da parte di notaio, soggetto particolarmente qualificato, obbligato nei confronti di entrambe le parti, in virtù del mandato professionale ricevuto, dal dovere di confezionamento, ovvero di predisporre uno strumento contrattuale che rispecchi le esigenze rispettivamente esposte, oggetto di negoziazione tra le stesse, possa venire in applicazione la disciplina delle clausole vessatorie o abusive, che peraltro, da parte della giurisprudenza di merito ormai prevalente, con riferimento alla clausola floor, possono essere riguardate solo “esclusivamente con riferimento alla chiarezza e comprensibilità della formulazione della stessa, e non già in relazione all’adeguatezza del corrispettivo pattuito”, il tutto ai sensi dell’art. 34 C. Cons. (…) In proposito, soprattutto alla luce dei criteri dettati dallo stesso art. 33 cit. (rectius: 1469 bis c.c. testo abr.) e dall’art. 34, 2° co. (rectius: art. 1469 ter abr. c.c.) emerge come il legislatore abbia escluso un qualsiasi intervento avente consistenza di sindacato di “giustizia” della clausola in punto oggetto ed adeguatezza del corrispettivo, soprattutto laddove si statuisce che la clausola non può essere considerata vessatoria nell’ipotesi in cui attenga alla determinazione dell’oggetto o all’adeguatezza del corrispettivo limitandosi ad imporre la chiarezza e la comprensibilità della clausola”. Idem Trib. Lanciano 17.10.2017, n. 402. [16] Tribunale Sulmona n. 95 del 28.3.2018 (doc. n. 4). [17] Tribunale di Chieti, n. 587 del 3.10.2017. Nello stesso senso Tribunale di Venezia, sentenza 27 febbraio 2019, n. 393: “Non è previsto che gli istituti di credito debbano compensare obbligatoriamente una clausola floor con una clausola cap, né che debba individuarsi necessariamente un limite minimo ed un limite massimo”. In tali termini si è pronunciato anche l’Arbitro Bancario Finanziario in diversi precedenti: cfr. e.g. ABF Milano n. 688 del 2011, ABF Roma n. 2688 del 2011, ABF Napoli n. 395 del 2012, ABF Napoli n. 2735 del 2014, ABF Napoli n. 7355 del 2015.


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