Efficacia dei contratti di fideiussione redatti in modo conforme al c.d. "schema ABI".
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- 30 nov 2023
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Aggiornamento: 5 dic 2023
(Avv. Lorenzo Righi)
Le fideiussioni sottoscritte a favore degli istituti bancari secondo un modello invalso nella prassi bancaria spesso contengono clausole che hanno attirato l'attenzione critica della giurisprudenza.
In particolare la clausola n. 2 del modello contiene la cosiddetta “clausola di reviviscenza”, in base alla quale il fideiussore è tenuto “a rimborsare alla banca le somme che alla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”[1]; la clausola n. 6 , che evidenzia uno squilibrio delle posizioni tra Banca e fideiussore, atteso che “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 cod. civ. che s’intende derogato”; per ultimo, la clausola n. 8 crea un effetto “espansivo ed estensivo” della garanzia sugli obblighi di restituzione del debitore principale nel caso in cui il rapporto principale sia dichiarato invalido, stabilendo che “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”.
1. - Ebbene, la giurisprudenza ha ormai confermato che le fideiussioni omnibus che contengono tali clausole contrastano con la normativa Antitrust, in quanto inibite dall’art. 2 della L. del 10.10.1990, n. 287[2].
Infatti i modelli in parola, redatti in modo conforme al c.d. “schema ABI”, sono stati censurati dalla Banca d’Italia con provvedimento n. 55 del 2.5.2005 (su parere del 20.4.2005), appunto perché contenente clausole di “reviviscenza” di deroga all’art. 1957 c.c. e di “sopravvivenza”, lesive della concorrenza dell’Antitrust.
In particolare, con il provvedimento n. 55/2005, all’esito dell’istruttoria svolta ai sensi degli artt. 2 e 14 della L. 287/1990 nei riguardi dell’ABI, su parere conforme dell’AGCM, la Banca d’Italia chiariva che “gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussioni omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengono applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90”.
Al riguardo, tra le tante pronunce si segnala per chiarezza la motivazione del Tribunale di Salerno 23.8.2018, laddove si precisa che:
i) la nullità della fideiussione omnibus conforme allo schema ABI vietato, afferendo alla validità di un atto che rappresenta elemento costitutivo della domanda, può essere rilevata d’ufficio in qualsiasi stato e grado di giudizio[3], anche in quello di legittimità[4];
ii) l’eccezione di nullità delle fideiussioni omnibus non costituisce autonoma domanda da farsi valere solo avanti al Tribunale delle Imprese, bensì integra un’eccezione, rilevabile d’ufficio e idonea a paralizzare la domanda di pagamento azionata eventualmente in via monitoria, che ben può essere decisa da un giudice diverso da quello competente, in via esclusiva, sulla relativa autonoma azione[5]. Trattasi di nullità-vizio, derivante dalla natura (delle stesse clausole), appunto meramente riproduttiva degli schemi contrattuali uniformi ABI, censurabili per il loro “scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca, ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa”, nonché “per carenza di un legame di funzionalità” con il negozio fideiussorio e – perciò – nulli quali intese vietate dalla normativa Antitrust, per il sopra ricordato disposto degli artt. 2, comma 2, lett. a) e 3 della L. n. 287/1990[6].
2. - Dopodiché, si è accesso il dibattito se tale vizio afferisse unicamente alle tre clausole in questione o se la nullità si comunicasse all’intero modulo fideiussorio sottoscritto dal fideiussore.
D’altra parte, anche se la nullità riguarda inizialmente solo tre clausole delle fideiussioni, essa è suscettibile di estendersi all’intero negozio fideiussorio, a norma dell’art. 1419, comma primo, c.c., per cui “la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità”[7] laddove, come nel caso di specie, non sia possibile la sostituzione di diritto di tutte le clausole con norme imperative ex art. 1419, comma secondo, c.c.
3. - Sul punto la giurisprudenza[8] ha dapprima osservato che le clausole censurate costituivano una marcata tutela del creditore avverso i rischi da inesigibilità delle obbligazioni principali e accessorie in deroga a quanto previsto dagli artt. 1956 e 1957 c.c.: esse tratteggiano infatti elementi essenziali nell’economia del rapporto negoziale, di efficacia sostanziale e temporale della garanzia fideiussoria.
Inoltre, l’inclusione di simili pattuizioni nelle condizioni generali di contratto (unilateralmente predisposte e destinate per loro natura a disciplinare in maniera uniforme quel tipo di rapporti negoziali, cfr. artt. 1341 e 1342 c.c.), contenute in formulari predisposti dalla banca all’adesione generalizzata dei contraenti (fra cui l’attuale ricorrente), induce a concludere che il negozio non si sarebbe stipulato senza tali clausole: proprio perché specificamente funzionalizzate al raggiungimento dell’obiettivo negoziale delle parti (predisponenti).
Da qui il rilievo che le clausole colpite da nullità erano da reputarsi irrinunciabili per gli Istituti bancari, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1419, comma primo, c.c.
Per cui la nullità dovuta alla violazione della normativa sulla libera concorrenza, attuata nelle fideiussioni omnibus con la generalizzata adozione delle clausole di reviviscenza, sopravvivenza e di rinuncia al termine decadenziale di cui all’art. 1957 c.c., si riverbera sull’intero contratto di fideiussione, dovendosi tout court escludere l’applicabilità della nullità parziale ex art. 1419 c.c., tenuto conto che:
a) le parti che hanno dato luogo alla lesione della concorrenza dell’Antitrust non coincidono con quelle che hanno posto in essere il negozio “a valle”;
b) la gravità delle violazioni in esame, – che incidono pesantemente sulla posizione del garante – rispetto ai superiori valori solidaristici, ben giustifica che sia sanzionato l’intero agire dei responsabili di quelle violazioni;
c) poiché qualsiasi forma di distorsione della competizione del mercato, in qualunque modo posta in essere, costituisce comportamento rilevante per l’accertamento della violazione dell’art. 2 della normativa Antitrust, è inevitabile concludere che l’intero portato, a valle di quella distorsione, debba essere assoggettato alla sanzione della nullità.
Trattasi di doverosa applicazione, ancora una volta, dei principi di correttezza e buona fede che ispirano l’intero sistema di diritto positivo (violati, nel caso de quo, dal creditore al quale, in quanto Banca, è richiesto un grado di diligenza particolarmente elevato, in considerazione della professionalità che è legittimo pretendere da chi gestisce la raccolta del risparmio e l’esercizio del credito).
È utile anche in questo caso riportare la sintesi fornita da una sentenza paradigmatica, quale Corte di Appello Bari, 15.1.2020, n. 45[9], che ha appunto statuito l’illegittimità della fideiussione che contenga (ancora) le clausole (sopra indicate), osservando che:
“Il dato di partenza è, perciò, costituito dall’aver la fideiussione recepito disposizioni dello schema contrattuale predisposto dall’associazione bancaria per la stipula delle c.d. fideiussioni omnibus (segnatamente, artt. 2,6,8) che, <nella misura in cui venivano applicate in modo uniforme> dalle proprie associate, sono state giudicate in contrasto con l’art. 2, 2° comma, lett. a), l. n. 287 del 1990 dalla Banca d’Italia, nella qualità di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi, la quale, nel suddetto provvedimento (n. 55 del 2 maggio 2005), ha altresì stabilito che l’ABI emendasse le proprie circolari dalle disposizioni vietate … Pertanto, seguendo il ragionamento della S.C., ogni qual volta il contratto di fideiussione costituisca l’applicazione del suddetto schema ABI, quel patto, ancorché anteriore al 2 maggio 2005, va dichiarato nullo”;
“… Questa corte ritiene … di dar continuità all’orientamento – già espresso con il precedente arresto del 21 marzo 2018 (sent. n. 526) – favorevole alla nullità totale del contratto …”;
“Se … la Banca d’Italia ha ritenuto di vietare le clausole in oggetto è perché queste, imponendo al garante (oneri diversi da quelli stabiliti dalle norme del codice civile, quali) la rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c. (art. 6) e la permanenza dell’obbligazione fideiussoria a fronte delle vicende estintive e delle cause di invalidità che possono riguardare il pagamento del debitore o la stessa obbligazione principale garantita (artt. 2 e 8), alterano significativamente l’assetto equilibrato degli interessi alla base della disciplina civilistica della fideiussione”;
“In definitiva senza le clausole nulle, la banca non avrebbe accettato la fideiussione, la cui funzione indennitaria e di garanzia del c.d. <effetto solutorio definitivo> sarebbe inevitabilmente venuta meno facendo così perdere alla banca l’interesse al rilascio della garanzia. Del resto, se così non fosse, non si spiegherebbe la ragione per cui le banche, nonostante le prescrizioni emanate dalla Banca d’Italia, abbiano continuato a richiedere il rilascio di fideiussioni mediante i moduli contrattuali contenenti le clausole nulle”.
Per poi dichiarare la nullità dell’intero contratto di fideiussione, ai sensi dell’art. 1419, primo comma, c.c.[10] Secondo tale opinione, dunque, la condizione necessaria e sufficiente per ritenere che l’invalidità dell’intesa “a monte” tra istituti di credito (moduli predisposti dall’ABI per gli istituti di credito), volta a restringere la concorrenza, si estenda in via derivata anche al contratto di garanzia “a valle” (stipulato dalla singola banca con il suo cliente), è la mera coincidenza delle condizioni contrattuali pattuite con il Modulo ABI dichiarato illegittimo con il contratto effettivamente sottoscritto dal fideiussore.
Peraltro, per il modelli fideiussori più recenti - quelli cioè redatti a dieci anni o più anni di distanza dal provvedimento n. 55 del 2005 con cui la Banca d’Italia aveva accertato, sulla scorta del parere dell’AGCM del 22.8.2003, l’applicazione uniforme nel sistema bancario del modello di fideiussione ABI - il fideiussore è tenuto a dare la dimostrazione concreta della perdurante esistenza dell’intesa illecita all’epoca della sottoscrizione della fideiussione impugnata e quindi che “un numero significativo di istituti di credito, all’interno del medesimo mercato, avrebbe coordinato la propria azione al fine di sottoporre alla clientela dei modelli uniformi di fideiussione omnibus tali da privare quella stessa clientela del diritto ad una scelta effettiva e non solo apparente tra prodotti alternativi e in reciproca concorrenza”: vedi, ex multis, Trib. Milano 8.11.2021, n. 9050.
4. - Secondo altri giudici[11], invece, la nullità ravvisabile nella fattispecie doveva considerarsi soltanto parziale[12] e quindi riguardare le sole clausole de quibus, con la conseguenza che – in applicazione del generale principio di cui all’art. 1419 c.c. – il contratto di garanzia non può dirsi interamente nullo, ritenendosi che la Banca lo avrebbe comunque concluso, qualsiasi garanzia essendo migliore della mancanza di garanzia.
5. - Stante le diverse e certo non univoche pronunce, con la sentenza 30.12.2021 n. 41994, a S.U., la Suprema Corte di Cassazione è infine intervenuta in materia.
Optando invero per la nullità parziale che, tra le diverse forme di tutela riconoscibili al cliente fideiussore (nullità totale del contratto a valle; nullità parziale di tale contratto, ossia limitatamente alle clausole che riproducono le condizioni dell’intesa nulla a monte; tutela risarcitoria) - sarebbe per il Giudice di legittimità l’opzione che perviene a risultati più in linea con le finalità e gli obiettivi della normativa antitrust, oltre che idonea a salvaguardare il principio generale di “conservazione” del contratto[13].
Naturalmente, come chiarito nella decisione delle Sezioni Unite, resta sempre perseguibile per il fideiussore l’azione risacitoria, “ma non in via esclusiva, sebbene in uno all’azione di nullità”.
6. - In ogni caso, anche la nullità parziale può portare a risultati interessanti, quanto alla possibile liberazione dei fideiussori.
E ciò perché viene sicuramente travolta, secondo la pronuncia della Suprema Corte, la clausola di cui all’art. 6: quella cioè che comporta la rinuncia all’applicazione dell’art. 1957 c.c. e dunque della disposizione prevedente invece la liberazione del fideiussione se il creditore non ha agito nei confronti del debitore, entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale.
L’art. 1957 c.c. sarebbe quindi operante e pertanto il fideiussore rimane obbligato, pur dopo la scadenza dell’obbligazione principale, solo a condizione che “il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”.
Con la conseguenza che se il creditore (la Banca) non prova di aver agito in tal senso, l’obbligazione fideiussoria si considera estinta[14].
Sul punto, va infatti considerato che per istanza si intendono tradizionalmente solo le iniziative di tutela giurisdizionale finalizzate all’ottenimento del pagamento (confronta, ad esempio, Cass. n. 7502/2004, che afferma che il termine decadenziale va valutato con riguardo al deposito del ricorso in cancelleria).
Pertanto, se successivamente alla chiusura del rapporto con la Banca e al consolidamento del credito non vi sono state iniziative giudiziali huius generis contro il debitore, la dichiarazione di nullità avrebbe l’esito appena sopra esposto.
7. – Da ultimo, va precisato che una preventiva azione volta a far accertare la nullità dovrebbe essere radicata presso la Sezione specializzata del Tribunale d’impresa (dunque, nel nostro caso, a Brescia).
Infatti sempre la Cassazione, con la sentenza n. 6523 del 10.3.2021, ha ribadito che le sezioni specializzate d’impresa, ai sensi del D.Lgs. n. 168 del 2003, art. 3, sono competenti in materia di: “c) controversie di cui alla L. 10 ottobre 1990, n. 287, art. 33, comma 2” e “d) controversie relative alla violazione della normativa antitrust dell’Unione Europea”, tra le quali rientrano, per quanto qui rileva, le domande con le quali sia fatta valere la nullità di fideiussioni azionate da banche, che appunto riproducano il testo dello schema contrattuale predisposto dall’A.B.I. nell’ottobre 2002, relativamente al quale è intervenuto il provvedimento di Banca d’Italia n. 55/2005.
[1] La Banca ha così la certezza di avere prima o poi la soddisfazione della propria pretesa creditoria, indipendentemente dagli avvenimenti successivi all’adempimento.
[2] V. ad esempio Tribunale Padova, 13.11.2018; Tribunale Padova, 5.6.2018; Tribunale Salerno, 23.8.2018; nonché Tribunale Belluno, 31.1.2019, n. 53 (in www.quotidianogiuridico.it).
[3] Cass., Sez. III, 19.6.2008, n. 16621.
[4] Cfr. il principio, ad esempio, in Cass. n. 14710/2006.
[5] Cass., 11.12.1987, n. 9174.
[6] Cass. n. 29810/2017.
[7] Applicabile ex art. 1234 c.c. anche agli atti unilaterali: v. Cass. n. 10690/2005.
[8] Tribunale Belluno 31.1.2019, n. 53, già citato, in www.quotidianogiuridico.it.
Cfr. pure Tribunale Venezia, 6.6.2016, in Foro pad., 2017, p. 192 ss., con nota di G. Sicchiero.
[9] Si veda anche Cass. n. 21878/2019.
[10] Conformi, Appello Roma 24.5.2021 e ancora Appello Bari 23.6.2021; v. anche Trib. Siena 14.5.2019, Trib. Salerno 5.2.2020, Trib. Matera 6.7.2020 e Trib. Matera 29.7.2020.
[11] Trib. Torino 17.4.2019; Trib. Milano 15.10.2019; Trib. Milano 23 gennaio 2020. App. Venezia 13.9.2021; Trib. Napoli 22.9.2021.
[12] V. Cass. n. 4175/2020.
[13] Ex multis v. Cass. n. 2314/2016.
[14] V. in termini Tribunale di Reggio Emilia, sentenza 17.11.2021, n. 1336.
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